Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza del 14 maggio 2020 n.8919
Operazioni oggettivamente inesistenti – presenza di più elementi presuntivi che provano la fittizietà dell’operazione – sufficienza – detrazione dell’IVA e deduzione del costo – inammissibilità – regolarità della fattura e dell’impianto contabile – insufficienza
L’inesistenza oggettiva dell’operazione di vendita di un cespite e del ribaltamento di costi infragruppo, comportando lo scollegamento tra il documento cartolare, utile per la detrazione dell’iva e la deduzione del costo, e la situazione fattuale, può essere provata dall’Ufficio attraverso una serie di elementi presuntivi, che nel loro complessivo comporsi, danno un quadro convincente e non equivoco dell’evasione fiscale.
Il fatto che l’operazione fosse intercorsa tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo societario, il mancato pagamento del prezzo, la permanenza del cespite presso la società venditrice, anche dopo la presunta vendita e l’utilizzo del bene senza titolo, rappresentano circostanze astrattamente idonee a provare, almeno in via presuntiva, che l’operazione non è stata mai posta in essere.
A nulla rileva la correttezza del documento fiscale e della tenuta contabile. Il mancato pagamento del prezzo poi non rappresenta un elemento indiziario di particolare pregio rispetto agli altri, dovendosi considerare ai fini della prova il complessivo quadro degli elementi, che unitariamente conducono a ritenere l’operazione oggettivamente non esistente.